Sfizi Delizie e...

Sfizi Delizie e... - Il posto giusto per ogni gusto!
passaparola

sabato 23 febbraio 2008

Buonanotte all'Italia - Luciano Ligabue

Davvero bello l'ultimo singolo di Ligabue: profondo il testo, toccante il video.

"Buonanotte all'Italia", nella speranza che si risvegli al più presto.

giovedì 21 febbraio 2008

Elezioni nuove, legge elettorale vecchia


Buona parte del Paese ha sperato che le forze politiche giungessero ad un accordo finalizzato alla riforma della legge elettorale vigente. Per il conseguimento di tale scopo si sono prodigati i presidenti di Repubblica e Senato, Giorgio Napolitano e Franco Marini, ma al termine delle consultazioni avviate da quest'ultimi con i massimi rappresentanti dei vari partiti, è risultato inevitabile che alle elezioni anticipate - successivamente fissate per il 13 e 14 aprile prossimi - si andrà con la medesima legge promulgata due anni orsono.

Una legge che palesa così grottescamente i propri difetti da essere stata definita una porcata persino dal suo primo firmatario, il leghista Roberto Calderoli, e criticata più o meno aspramente da tutti i partiti, da un'estremità all'altra.

Non prevedere la preferenza diretta, negando così al cittadino il diritto di scegliere da chi essere rappresentato e delegando questo fondamentale compito ai capi-partito, è un atto non solo ingiusto ma anche incostituzionale (l'articolo 48 della Costituzione prevede che il diritto di voto non può essere limitato in alcun modo) mentre calcolare il premio di maggioranza al Senato su base regionale è una follia che fa da prodromo a un governo instabile e poco duraturo.

A pensare che si tornerà alle urne alle stesse condizioni del 2006 - condizioni che han contribuito anch'esse in modo determinante al fallimento dell'ultimo esecutivo - e che tante volte si è discusso circa l'indubbia urgenza di modificare la suddetta legge ci sarebbe da stranirsi, ma la classe dirigente italiana è spesso e volentieri camaleontica e sa trovare con estrema ed invidiabile facilità le parole adatte a giustificare il proprio trasformismo.

E così la caduta del Governo Prodi ha di fatto provocato la conclusione del dialogo (o del tentato inciucio) apertosi precedentemente tra il leader del centrosinistra Walter Veltroni e quello del centrodestra Silvio Berlusconi, posto che - dati alla mano - per quest'ultimo prima si andrà a votare e maggiori risulteranno le preferenze accordate alla coalizione da lui rappresentata. La politica italiana è così: dalla sera alla mattina - così come un accordo elettorale tra due partiti può ritenersi prima definitivamente concluso e poi saldo come non mai - la riforma di una legge può essere definita prima urgente e poi rinviabile, prima necessaria e poi superflua. Sarà per questo che il referendum elettorale è stato fatto slittare di un anno con una manovra prepotente e vergognosa.

Se prendersi il gioco della collettività fosse un mestiere, probabilmente i 15mila euro che i parlamentari si accaparrano mensilmente sarebbero congrui all'impegno profuso; ma se consideriamo che il loro dovere è quello di curare i nostri interessi, vengono i brividi. E vengono maggiormente al pensiero che c'è il serio rischio - causa la legge non riformata - di ritrovarci nuovamente un governo debole.

Fuori dai confini c'è già chi è pronto a deriderci; dentro, invece, c'è chi è pronto ad emigrare.

giovedì 14 febbraio 2008

San Valentino


Tengo a precisare - ed urlare al mondo - che oggi, 14 febbraio, non è la festa degli innamorati bensì la festa degli innamorati corrisposti. Per chi non è corrisposto c'è ben poco da festeggiare. Siamo precisi!

sabato 9 febbraio 2008

Calcio, il problema di non risolvere i problemi


Quando ci si trova di fronte un ostacolo, ci sono più possibilità di affrontarlo. C’è chi tenta di saltarlo, mettendosi in gioco e misurando le proprie capacità, e chi lo aggira, scegliendo la strada più semplice e comoda. Sono due alternative molto dissimili l’una dall’altra, ma entrambe efficaci: nel primo caso si dimostrano coraggio e impegno; nel secondo furbizia e pragmatismo. Ma c’è anche chi predilige una discutibile terza via: ignorare l’esistenza medesima dell’ostacolo, andando inevitabilmente a sbatterci contro.

E’, quest’ultimo, il triste caso di chi gestisce da tempo il calcio, lo sport (se ancora così può definirsi) più seguito e malato d’Italia, i quali si ostinano a non risolvere gli annosi problemi del mondo del pallone, semplicemente non affrontandoli o facendolo in maniera alquanto bizzarra e mal celatamente gattopardesca.

Quando il dio denaro prevale sulla passione e i sani principi lasciano il posto alla sete di potere, quando gli interessi dei singoli sovrastano quelli collettivi e i più ricchi abusano della propria condizione economica a discapito dei più deboli, quando i pochi ribelli vengono zittiti e confinati (vedi Zeman) e chi non è colpevole è quantomeno connivente o contiguo, quando – in un contesto sportivo – accade quanto sopra, non c’è lo spazio per risolvere i problemi né la volontà di riunirsi attorno a un tavolo e mettere da parte dissidi e incomprensioni per il bene comune. Semmai, si può fingere di farlo.

Il calcio è sempre stato uno sport diverso dagli altri. Forse per il suo status di sport nazionale ha sin dal principio creato delle vere e proprie rivalità tra le città, ancor più se della stessa regione, vogliose di ottenere un’illusoria e aleatoria supremazia territoriale. Ma negli ultimi decenni la situazione è peggiorata in maniera esponenziale. I cittadini, stressati e frustrati dai problemi di tutti i giorni – e incapaci di gestire sia essi che se stessi – hanno trasformato il calcio in una delle tante armi di distrazione di massa: il cittadino, all’interno di uno stadio o davanti ad uno schermo, si distrae dai veri problemi quotidiani; se la squadra del cuore vince può sfogare la propria rabbia repressa, illudendosi che la vittoria sia anche propria, se perde può sempre additare come responsabili gli arbitri e quant’altri capitino a tiro. In ogni caso si aliena dalla realtà, nell’effimera convinzione di ricavarne un sollievo.

A esasperare il tutto ci pensano calciatori, allenatori e dirigenti delle società, i quali danno troppo spesso un cattivo esempio a chi li osserva. Si è per molto tempo ignorato questo particolare, negando il nesso tra il comportamento di chi sta in campo e quello di chi tifa. Si è dunque continuato imbelli ad assistere a episodi di autentica violenza, verbale e fisica, tra i protagonisti del calcio, senza che s’intervenisse, ignorando insomma l’ostacolo e sbattendoci contro.

Ma quando si sbatte, spesso, si rischia di farsi del male, molto male, finanche di morire. La violenza crescente e dilagante delle frange estreme delle tifoserie è sfociata più volte in episodi di sangue. Dopo la morte di Raciti, il poliziotto rimasto ucciso al termine di Catania-Palermo della scorsa stagione, i signori del calcio si accorsero che, forse, bisognava intervenire. Seguì un periodo di riflessione durante il quale si pensò addirittura di sospendere il campionato per un periodo lungo e indeterminato, affinché si potessero studiare al meglio i piani adatti a risolvere il problema della violenza e quelli connessi ad esso. Tanto clamore per nulla: trascorse due settimane, Raciti finì nel dimenticatoio e si ritornò a giocare come se nulla fosse accaduto, ignorando una volta di più le indubbie responsabilità di chi il calcio lo vive dall’interno.

Quando, poi, si tenta di trovare un rimedio, i risultati sono patetici. Da qualche settimana, ad esempio, si è deciso di imporre il terzo tempo: i calciatori delle due squadre, al termine di ogni gara, devono – o dovrebbero – stringersi la mano in segno di rispetto. Trattasi della brutta e goffa copia di quanto accade nel rugby, dove gli atleti – di loro spontanea volontà – si riuniscono a fine match, lasciando sul serio alle spalle quanto accaduto sul campo da gioco.

Così facendo, si è ottenuto il risultato inverso: se prima si poteva registrare qualche episodio di sportività, come una spontanea stretta di mano o uno scambio di maglia, adesso la nuova regola ha meccanizzato il tutto, mimetizzando così gli sparuti episodi autentici e facendo prevalere la sensazione della forzatura di tali gesti. E’ come assistere a uno spettacolo televisivo durante il quale, di tanto in tanto, l’uomo clack invita gli spettatori a dimostrare il proprio gradimento con un applauso o una standing ovation. E’ il trionfo della finzione applicata allo sport, che bella invenzione! Ma oltre che patetica, la norma ha palesato la propria inconsistenza per via della mancanza di una pena prevista per i presunti contravventori. Così, appena alla seconda settimana di esperimento, in ben due partite il terzo tempo non è stato osservato, sostituito da accenni di rissa e scambi d’insulti tra i giocatori.

Constatato l’inevitabile e prematuro fallimento, l’unica soluzione sarebbe stata abolire l’insoddisfacente regola e cominciare a discutere seriamente su come gestire il calcio, magari spendendo meno in acquisti e ingaggi e investendo sulla valorizzazione dei giovani, o tralasciando le sterili polemiche post-partita creando i presupposti di uno sport migliore che, un giorno, possa essere da esempio – positivo – per gli appassionati. Ma al momento il terzo tempo, insieme alle altre contraddizioni, resta dov’è.

L’ostacolo, ancora una volta, viene ignorato e investito.

giovedì 7 febbraio 2008

Napolitano scioglie le camere, si torna al voto


Giorgio Napolitano, appena informato da Franco Marini circa l'inefficacia dei propri sforzi finalizzati al raggiungimento di un accordo tra i partiti, ha dovuto inevitabilmente scogliere le camere. Si tornerà dunque al voto il 13 e 14 aprile, ovviamente con il medesimo sistema elettorale che - insieme ad altre cause - ha fatto inabissare il governo Prodi anzitempo.

Tenuto conto che il Partito Democratico correrà da solo, pare evidente che dobbiamo aspettarci nuovamente Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Credo che il centrodestra escluderà i vari partitini da zerovirgola, ma al provvidenziale Mastella non rinuncerà. Un motivo in più per non votare ma annullare la scheda.

Sono comunque convinto che l'affermazione della Casa delle Libertà sarà meno schiacciante di quanto si possa prevedere. Molti delusi dall'esecutivo Prodi non cambieranno necessariamente sponda ma potrebbero ragionevolmente astenersi.

Ma è ancora presto per parlare di tutto ciò, mi dedicherò in seguito a commentare l'evolversi dell'imminente campagna elettorale.